L’elettroacustica (s)popola al Romaeuropa e all’EMUfest

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fotoreportage a cura di Enea Tomei

Tempo Reale, l’istituto fondato nel 1987 da Luciano Berio e diretto dal 2008 da Francesco Giomi, presenta sei composizioni elettroacustiche su nastro del pioniere dell’elettronica, proiettando e spazializzando il suono nello spazio dell’Opificio Telecom.

Conclusasi lo scorso 29 ottobre, la sesta edizione del Festival Internazionale di Musica Elettroacustica del Conservatorio Santa Cecilia ha reso possibile l’ascolto di molti lavori dello stesso Berio e di Bruno Maderna.

 

Dove Opificio Telecom Italia, Roma – Conservatorio di Roma S. Cecilia

Quando 7-8 Novembre – 20-29 Ottobre

Ascolta Luciano Berio


Luciano Berio e Bruno Maderna: alle radici del linguaggio elettroacustico. Un’arte musicale dalle potenzialità infinite e che alcuni definiscono «la terza modalità espressiva dell’uomo».

In my end is my music è il nome dato ai due appuntamenti con la musica elettroacustica di Berio al Romaeuropa Festival. Tre per sera, le visualizzazioni sperimentali sono state ideate e dirette dal video artista Devis Venturelli, con un passato nella moda milanese e un presente di contaminazioni tra arte e architettura, nel rispetto della dinamica dei suoni originali. I protagonisti della seconda serata sono a-ronne, Perspectives e Momenti, lavori musicalmente astratti, nati con l’intento di dare vita a un’arte musicale radiofonica. Perspectives e Momenti mettono in evidenza il rapporto tra forma e materia mentre a-ronne, documentario sonoro su una poesia di Edoardo Sanguineti, affida alla parola la capacità di assimilare e condizionare l’azione musicale.

In Perspectives gli accostamenti delle immagini alla musica sono lavori di rilettura di elementi urbanistici attraverso oggetti di design: luccicanti mostri di paillettes che minacciano gli edifici più moderni di Milano. Riflettono suoni cristallini, strilli elettrici che lo stesso compositore definiva sibilanti, fricativi e consonanti.

In Moments sono invece i numerosi elementi di vestiario ad accompagnare l’ascolto: cravatte, cinture, camicie che si animano, che recitano suoni ora più rarefatti (proto industrial), ora carichi di pathos sintetico (pre techno). Per concludersi in requiem di vecchie coperte di lana variopinta in processione sull’acqua.

Tutto concentrato su immagini della natura invece, a-ronne. Una quantità enorme di oggetti eloquenti che sperimentano una nuova semantizzazione dell’esistente. Voci che passeggiano tra musica sacra, cori, richiami barbarici, sospiri, colpi di tosse, balbettii. Sembra di assistere alla nascita della voce come strumento sonoro infinito. Giochi di labbra, ansimi. Le riprese macro diventano uno zoo safari visivo: ferri da stiro con cascate come sfondi, icone bizantine che riposano nei prati e cavi audio video elettrici e trasformatori attorcigliano rami come serpi mentre posate e piatti pendono dai tronchi, scatole di medicinali come frutti (la chimica sostituisce la natura). Un tripudio di scenografie tecnico naturali, audio cassette, rossetti, collane, fucili e occhiali tra ruscelli e ghiaia. Matite come uccelli presi dai bracconieri. Un lavoro pieno di oggetti, inquadrati mentre percorrono brevi e numerosi viaggi di associazioni, di composizioni cromatiche e drammaturgiche di timbriche umane e architetture di design e creazioni di castelli di tessuti pieni di fantasia e geometrie.

D’altronde, la filosofia che animava la scuola italiana elettroacustica, era proprio la scoperta e la sperimentazione di nuovi significati e intrecci musicali. Così come sperimentale era l’unione di strumenti acustici e dispositivi elettronici della Musica su due dimensioni di Bruno Maderna. Al Conservatorio di Santa Cecilia, in occasione del Festival Internazionale di musica elettroacustica, è stato eseguito il brano per flauto e nastro magnetico. Realizzato nello Studio di Fonologia della Rai di Milano (cuore della ricerca musicale elettronica italiana nel secondo dopoguerra) ed eseguito da due allievi nell’aula Bianchini che è stata allestita in un spazio multi fonico con 24 altoparlanti. Una cappella uditiva progettata da Piero Schiavoni, cui è dedicata l’edizione 2013 dell’EMUfest. Questa Musica su due dimensioni, della durata aleatoria di 12’ è stata composta nel 1958 ed eseguita per la prima volta, nel giugno dello stesso anno, con il flauto di Severino Gazzelloni. Come molti compositori d’avanguardia, anche Maderna concepiva le proprie opere come lavori aperti, uniche e mai finite, secondo la pratica joicyana del work in progress. La composizione aleatoria lascia ampi spazi d’iniziativa al solista nel rapporto tra interpunzione elettronica e strumento. Un esploratore del suono che deve molto alla sperimentazione elettronica e al flauto straordinario di Gazzelloni, un esecutore fresco e spontaneo, collaboratore dei più arditi compositori.

Il finale disintegrato, tipico di Maderna, ci rigetta in un’altra disintegrazione che alcuni amano chiamare traffico.

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Autore

Redazione

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