LA MEMORIA DELLA MORTE E LA RICERCA DELLA VITA NEL GIAPPONE POST-BELLICO

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     L’Istituto giapponese di Cultura in Roma accoglie con piacere la mostra Metamorphosis, che si offre all’osservatore come testimonianza storica, sociale ed emotiva della vita del Giappone dal 1945 al 1964.
Nel corso di questi anni, il Giappone è stato accompagnato dal vigile obiettivo di undici macchine fotografiche che, lavorando con modalità diverse e spesso contrastanti, hanno prodotto una serie di scatti che offrono una visione complessiva del vissuto del popolo e della nazione, rappresentati nei complessi anni post-bellici.
La mostra è strutturata in tre sezioni complementari: Le conseguenze della sconfitta, Tradizione e modernità, Verso un Giappone nuovoMetamorphosis inizia presentando il dramma del dopoguerra con l’occhio schietto e realista di Ken Domon, narratore, in modo chiaro ed autentico, del sollievo dato dalla consapevolezza della fine di una guerra che ha distrutto le vite di milioni di esseri umani. Dopo aver ascoltato alla radio la notizia della conclusione dei conflitti, Domon prese la sua macchina fotografica e scese in strada, indirizzò l’obiettivo verso il sole e scattò la foto che tuttora suggella l’atto di liberazione dalle atrocità della guerra e il sorgere di un nuovo sole.

Foto amare di uomini davanti le loro case ridotte in macerie, geishe nostalgiche e aggressive si guardano intorno fameliche, bambini per strada fumano sigarette…
I volti sono tutti espressione del vissuto di quegli anni.
Di contro si presenta un’altra realtà, quella che tenta di distanziare il neonato presente dalla tragicità del passato: giovani soldati rimpatriano gioiosi, bambini sorridono e anziani commemorano, con il dolore e la speranza negli occhi, i figli caduti in guerra.
Con ballerine in tutù che si truccano su un terrazzo, teatri pronti a mettere in scena uno spettacolo, uomini e donne che inconsapevolmente decidono di riprendere le loro vite e di riportare alla luce la tradizione nella quotidianità, si scopre un Giappone umanista, romantico e fortemente commovente.
Hiroshi Hamaya e Ihei Kimura puntarono l’obiettivo su quelle realtà fedeli a quanto di più genuino il Giappone avesse da offrire, ovvero la ricerca della verità romantica mostrata come elemento esplicativo di un popolo che lentamente ricostruisce la sua libertà sul fardello della distruzione.
Contemporaneamente la nazione afferma la sua rinascita con Tokyo che ospita le Olimpiadi e la nascita dello Shinkansen, il treno-proiettile.
Vengono immortalati per strada lavoratori, manifestanti, disoccupati, impiegati e bambini che giocano. Spostando lo sguardo troviamo studentesse uccise nelle manifestazioni di piazza e vittime che a distanza di anni dal lancio della bomba atomica ne scontano le pene con la morte.
La morte e la vita si intrecciano vorticosamente nel trittico espressivo; non potendo prescindere l’una dall’altra, esse divengono le due potenze contrastanti, i fili conduttori di tutta l’esposizione, divisa in tre sezioni, ma legata da un tessuto comune che confonde lo spettatore sulle idee di sconfitta, tradizione e novità.
A conclusione della mostra si inserisce una sequenza di foto, Il supplizio delle rose di Eikoh Hosoe, che apparentemente trascura il resoconto storico di quanto accaduto ritraendo volti di uomini e corpi nudi di donne con rose bianche sul ventre; in realtà, nulla è più reale e significativo della decisione di rinascere dalle ceneri, di carezzare una rosa e non le sue spine.

METAMORPHOSIS
Istituto giapponese di Cultura in Roma

20 ottobre 2011 ~ 14 gennaio 2012

foto Eikoh Hosoe, Barakei (Ordeal by Roses), No. 16 1961

Progetto di Marc Feustel

La mostra fa parte del circuito di FOTOGRAFIA festival internazionale di Roma

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