Jean-Luc Moulène | Il était une fois

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“Tronches / Slipknot”, Paris, 2014, béton ciré et couverture, courtoisie Galerie Chantal Crousel

Titolo: Il était une fois

Autore: Jean-Luc Moulène

a cura di Éric de Chassey

Luogo: Accademia di Francia-Villa Medici, Viale Trinità dei Monti, 1

fino al 13 settembre

Più di trenta opere che spaziano dalla scultura alla fotografia, dal disegno alla pittura sino alle installazioni. In tale veste si presenta l’esposizione, a cura di Éric de Chassey  e visitabile all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici sino al 13 settembre 2015.

Tra gli artisti più rilevanti del panorama contemporaneo internazionale, Jean-Luc Moulène ha costruito una mostra in cui progetti precedenti si intersecano con lavori site-specific, operando una commistione di genere che se da un lato disorienta lo spettatore, dall’altro offre la possibilità di scegliere cosa osservare e cosa “ignorare”. Entrando nella prima sala infatti un disegno primitivista dal titolo Bubu 1er del 1977 dialoga col calco bifronte Janus del 2014 e la fotografia, Manuel Joseph, che ritrae il poeta con cui l’artista collaborò nel 2004 per la mostra “La Fabrique de l’image” sempre a Villa Medici. Di fronte a questo gruppo di lavori il visitatore rimane interdetto e si interroga sulla natura dell’artista. E’ un pittore, uno scultore o un fotografo? Eppure questo senso di spaesamento lascia subito il posto alla voglia di giocare e ironizzare su quegli oggetti d’arte, osando anche dei giudizi qualitativi. Questa sorta di umorismo continua nelle sale successive con Tricolore, un oggetto di vetro soffiato ingabbiato da ferri piatti, passando dalla serie Tronches, quindici oggetti di cemento armato realizzati col calco delle maschere di Carnevale, ricorrenza che più di tutti esprime al massimo la comicità e il rovesciamento dei canoni sociali, sino ad arrivare ai cinque Samples di onice, opere a metà tra una scultura ed un gioiello.

L’unica costante è il rapporto tra il contemporaneo ed il passato; continui infatti sono i richiami al luogo in cui la mostra è ospitata: basti pensare ai muri della sala 1 e 5, dove la modalità di applicazione del blu e del gialla evoca le pitture di Balthus (pittore e direttore dall’Accademia dal 1961 al 1977) o a la Pucelle, oggetto composto da tre sculture che rimandano ai gessi collocati nei giardini di Villa Medici e a quelli conservati nella Gipsoteca.

Il percorso espositivo si chiude con la proiezione nel Salon de musique del film Les trois Grâces, pellicola in bianco e nero che evoca il mito di Paride attraverso tre figure femminili, che agiscono in solitudine e sono accomunate solo dall’armonia che le circonda. Silenziose e disinteressate rispetto a ciò che accade intorno a loro, queste tre grazie moderne pongono il visitatore di fronte ad un’ardua scelta: potere, guerra o amore.

Progetto già presentato nel 2013 alla Galerie Chantal Crousel, viene riproposto in questa mostra al fine di omaggiare ancora una volta l’Accademia di Francia a Roma, evocando il bassorilievo di Bartolomeo Ammannati posto sulla facciata interna della Villa, che raffigura proprio il Giudizio di Paride.

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Autore

Carmen Capacchione

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