Intervista a Marco Napoli

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Marco Napoli è un giovane regista italiano che ha fatto dell’osservazione del quotidiano il suo punto di forza artistico. E’ nato a Milano, ma nel 2009 si è trasferito a Londra, dove ha frequentato il Filmmaking Certificate Course alla London Film Academy. Al momento lavora tra Roma e Londra. Durante il nostro incontro, mi parla del cortometraggio Erogatore 3 ­ presentato al Rome Independent Film Festival di quest’anno, dei suoi punti di vista artistici, nonché dei progetti futuri.

 

Lorena Gallo: Erogatore 3. Da dove nasce l’idea?

Marco Napoli: Tutto parte dal mio grande spirito di osservazione dei dettagli comuni, e dalla voglia di combinarli assieme. Ho scelto l’horror perché spesso se ne abusa. Volevo inserire la quotidianità anche in un contesto angosciante come quello del mio cortometraggio. Potrebbe accadere a tutti di rimanere senza benzina in piena notte. Io ho voluto raccontare questa circostanza per quella che potrebbe essere realmente, senza, ad esempio, gli stereotipi delle cornacchie che gracchiano nella notte. Lo spettatore doveva rispecchiarsi nel protagonista, un ragazzo dai caratteri assolutamente normali, che arriva quasi a chiedersi cosa c’è realmente dietro quelle figure fuori contesto che gli ruotano attorno.

L. G.: Qual è il genere cinematografico a cui ti senti più vicino e che ti ha aiutato nella realizzazione dei tuoi lavori?

M.N.: Da piccolo ho guardato tanti film di Hitchcock, e sicuramente il suo stile mi ha ispirato. Ma mi sento anche tanto vicino al Neorealismo, per la mia volontà di riportare le vicende comuni per quelle che sono, come una fotografia. Ecco perché, rispetto al contesto italiano, non mi pongo per forza in chiave critica: penso che l’ironia sia il miglior modo per far emergere una dietrologia drammatica. Un po’ come faceva Pasolini, con quel suo modo “sporco” di cogliere il vero, senza enfatizzarlo forzatamente. Il disagio va avvolto in un suono, ed il pubblico deve amarmi perché parlo di lui in ogni sfaccettatura. Da qui la scelta del documentario, come fosse una sorta di fiaba reale.

L.G.: Perché hai scelto di diventare regista?

M.N: In tutti gli sforzi che ho fatto in precedenza ho sempre messo una gran passione, senza avere mai la soddisfazione che invece provo quando realizzo un’opera. Dirigere, è un bacino immenso di emozioni, un lavoro totalizzante. Questo è anche il motivo per cui, in Erogatore 3, miravo a creare un gruppo affiatato che credesse nel progetto, e non che fosse interessato al budget disponibile per la realizzazione. Ammiro molto il cinema francese perché, al momento, mi sembra l’unico lontano da certe convenzioni commerciali.

L.G.: Quali sono i tuoi progetti futuri?

M.N.: Vorrei realizzare un nuovo cortometraggio, ma sto pensando anche ad una scrittura più introspettiva, quasi di isolamento, che mi porti ad un lungometraggio, fedele al mio background artistico.

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Redazione

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