Il mese del documentario – The machine which makes everything disappear

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Per la rassegna Il mese del documentario, svoltasi presso la Casa del cinema di Roma, è stato proiettato The machine which makes everything disappear, lavoro d’esordio della regista georgiana Tinatin Gurchiani. Un “film nel film” in cui una donna dietro a una cinepresa, come per caso, passa in rassegna decine di giovani vite: l’esperimento di metacinema che ne ricava è forse più doloroso del tentativo stesso di tornare alle proprie origini.

The machine which makes everything disappear (Manqana, romelic kvelafers gaaqrobs), di Tinatin Gurchiani, Georgia 2012, 97′.

Scrittura: Tinatin Gurchiani

Produzione: Tamar Gurchiani, Tinatin Gurchiani,Kakha Macharashvili

Musiche: Marian Mentrup, Mahan Mobashery

Fotografia: Andreas Bergmann

Montaggio: Doreen Ignaszewski, Nari Kim

Distribuzione: Icarus Films

Se avessi una macchina che fa sparire tutto, cosa faresti sparire?

È questo l’interrogativo più martellante di Tinatin Gurchiani: il dubbio più oscuro per alcune persone, l’ovvietà più grande per altre. Nel panorama delle sue interviste-chiacchierate, la regista approfondisce quelle che la incuriosiscono di più e la inteneriscono di più. E così, la macchina da presa si ritrova nell’intimo delle vite di persone diversissime, tutte però accomunate da un sogno, o meglio, dal sogno di avere un sogno.

Colpisce la storia del bambino che dopo scuola va a lavorare nei campi e che nel freddo pungente indossa un semplice gilet. Lo stesso bambino per cui l’infanzia termina in anticipo, dovendo prendersi cura della famiglia e del padre malato, ma che ancora trova il tempo per giocare. Partecipa alle interviste di Gurchiani perché vuole diventare un attore di hollywood.

In un altro villaggio, c’è una ragazza stravagante dagli occhi profondi, che accetta l’espediente cinematografico per incontrare per la primissima volta la madre che l’ha abbandonata da piccola. E’ forte il suo rancore, ma è più forte la voglia di urlarle finalmente con orgoglio: ”Ce l’ho fatta anche per conto mio”.

Ci sono quelle vite, poi, testimoni di drammi storici percepiti troppo lontani troppe volte e che qui risvegliano la consapevolezza storica di ognuno di noi: vite immobili nel flusso delle infinite guerriglie e della crisi che attanaglia il paese da più di vent’anni. Un soldato è “pronto a morire” per seguire le impronte del padre, caduto o imprigionato in guerra (chi lo sa) anni prima. Un ragazzo ricorda la sua forzata fuga da casa da bambino e le mani del padre sugli occhi attraversando di corsa le foreste insanguinate e disseminate di corpi. Voci fragili che si insinuano come un fischio nell’orecchio, non assordante, ma persistente.

«Sono stanca di tutto. A partire dai nostri primi passi, prima ci stanchiamo di parlare, poi dello studio, poi di conoscere noi stessi e infine di conoscere gli altri»: sembra quasi una recita nella sua tragicità lo sfogo di una giovane donna che, potendo, farebbe sparire nient’altro che se stessa. Ma ancora aspetta il momento per realizzare il suo semplice sogno di piantare un ciliegio.

Da questo variegato insieme di interviste emerge un sentimento tutt’altro che vitalistico, che si riflette anche nelle ambientazioni per lo più cupe, nell’estrema semplicità delle tecniche di regia – il film è stato girato in soli venti giorni con brevi spostamenti da un villaggio all’altro – nella scelta delle musiche, alternate a silenzi.

«Queste persone sono venute da me spinte da un grande bisogno, con una grandissima carica emozionale, volevano condividere le loro storie» sono le parole con cui Tinatin Gurchiani spiega le dinamiche della creazione di questo progetto. La regista, pur non individuando lo scopo del documentario nella rappresentazione di un dipinto della Georgia attuale, attraverso storie così terrene e una telecamera quasi nascosta nelle vite dei protagonisti, riesce a far avvicinare incredibilmente il pubblico più occidentale a quella realtà apparentemente tanto esotica.

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Autore

M.Valentina Colasuonno

Laureata in Italianistica presso l'università Roma Tre, insegnante di Italiano come lingua straniera

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