Emilio Isgrò: Modello Italia 2013-1964

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Dino Buzzati nel 1969 inviava all’artista siciliano Emilio Isgrò il suo Poema a fumetti con la dedica «A Emilio, affinchè mi cancelli». Da qualche giorno, e fino al 6 ottobre, la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea ospita una retrospettiva dell’artista, poeta e drammaturgo siciliano che ha fatto della “cancellatura” la sua poetica, conquistandosi un posto nei musei di tutto il mondo.

 

TitoloEmilio Isgrò: Modello Italia 2013-1964

ArtistaEmilio Isgrò

a cura di Angelandreina Rorro

@ Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Viale delle Belle Arti 131

fino al 6 ottobre 2013 

Modello Italia 2013-1964 prosegue l’antologica di Prato del 2008 Dichiaro di essere Emilio Isgrò, rinnovata assunzione di responsabilità da parte dell’artista rispetto all’opera Dichiaro di non essere Emilio Isgrò del 1971. Nel museo delle arti visive per eccellenza le immagini in senso stretto che partecipano all’esposizione si contano sulle dita di una mano. Non figure ma parole, non una collezione di tele ma un libro aperto.

Fulcro fisico e simbolico dell’intera esposizione è il sonno ambiguo di una donna che riposa sul suo letto, cullata dalle note avvolgenti di Casta Diva, diffuse nella sala come una ninna nanna: è l’Italia che dorme, scultura del 2012. L’Italia sembra riposare esausta dopo secoli di lavoro in cui è stata fucina di artisti, letterati, geni, ma il suo riposo è solo in apparenza tranquillo: il corpo in posizione fetale è schiacciato da una pesante coperta in alluminio su cui camminano degli scarafaggi. Il sonno come stato di totale incoscienza: questo è l’atteggiamento dell’Italia contemporanea che Isgrò denuncia per tutta la mostra, attraverso la sua inconfondibile firma artistica, la cancellatura. Sulle pareti della stanza da letto della donna Italia sono appese le pagine più importanti della nostra storia recente: i fogli della Costituzione, le strofe dell’Inno di Mameli, il Manifesto del Futurismo.

Il modus operandi di Isgrò fa sistematicamente strage dei testi risparmiandone solo alcune significative parole. Così gli articoli de La Costituzione è Cancellata (2010) divengono provocatoriamente «E’ senatore di diritto chi è nato di febbraio», «Nessun membro del parlamento può essere arrestato». In Fratelli d’Italia (2009) l’inno è ridotto al binomio «Italia/schiava»: un richiamo all’ordine per istituzioni e funzionari statali, unici responsabili della violazione dei diritti del popolo. Dietro una grata di segni neri sono imprigionate le prime pagine dei nostri quotidiani, oggi spesso infarcite di cifre a nove zeri, incommensurabilmente elevate, intangibili ed estranianti: Isgrò tappa così la bocca a quei giornalisti che ci ricordano ogni giorno il debito che abbiamo coltivato con l’economia, ma mai quello che abbiamo contratto col nostro passato. Nell’esibizione dell’artista messinese c’è l’Italia che tutto conserva, ma nulla mantiene, nè la memoria, nè la gratitudine verso un’incomparabile storia: nei volumi esposti dell’Enciclopedia Treccani (1970) Isgrò cancella interamente le biografie dei protagonisti del nostro bagaglio culturale. Cosa ne rimane oggi, se non l’eco dei loro nomi?

«Perché siamo economicamente e politicamente in crisi, ma restiamo pur sempre una grande potenza culturale. Da questa consapevolezza dobbiamo ripartire noi artisti se vogliamo segnare le vie del coraggio anche all’economia e alla politica». Un poeta visivo che ci propone di reinventare il mondo sul niente: una sottrazione di parole che non nega, ma libera aprendo a nuovi possibili significati sul presente.

 

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Redazione

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