DALLA PAROLA ALLA FORMA

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Nel cuore di Trastevere, in via del Moro 49, una piccola Galleria d’Arte ospita una assai inconsueta esposizione: sedici sculture di ceramica raku e argilla ingobbiata (argilla lavorata con ossidi) e smaltata, esplicito omaggio all’opera di Virginia Woolf.

Far vivere, dare un volto, ad un’opera letteraria è di per sé un programma rischioso. Tentare di accostare una materia plastica, con tutte le sue intrinseche determinazioni e limitazioni, alla libertà della parola letteraria lo è ancora di più. Tuttavia, ciò che emerge da queste opere non è la didascalica rappresentazione del dato letterario, ma la ben evidente consapevolezza che i limiti tecnici di un’Arte possono diventare arricchimento e nuovo orizzonte per un’altra.

E’ quindi un omaggio reale alla Woolf. Davvero il movimento dell’Orlando danzante mantiene la propria autonomia. Davvero il processo che ci fa ritrovare, oramai divenuti vaso, i fiori che avrebbe dovuto comprare la Signora Dalloway, accresce con un inesauribile proprium il piano della comprensione. Davvero l’opera della Woolf, così amata, rappresenta un punto di partenza e un punto di arrivo, o meglio, di ritorno di una ricerca comune, di un’intima consonanza. Il resto è visione, dato estetico: il rosso acceso e l’azzurro sono senza dubbio i colori onnipresenti nell’esposizione.

Virginia Woolf visse la propria infanzia e giovinezza in una grande casa dalla pareti nere. Lo stesso nero opaco dell’ingobbio che fa da sfondo a tutte le opere. E’ però un nero che, appunto, costituisce il secondo piano da cui svetta, seppur quasi imprigionato, il colore, eversivo atto di liberazione, di creazione e di uccisione dell’opera: ritinteggiamo tutto, e il bianco non basta. Un discorso a parte meriterebbero le due teste (Clarissa Dalloway e Lily Briscoe) in raku, tecnica di origine orientale ancor poco conosciuta in Italia: l’opera viene cotta a bassa temperatura e poi sottoposta ad un forte choc termico in atmosfera con limitatissima quantità di ossigeno. Il risultato è un modellato metallico, dai riflessi iridescenti, cangianti. L’opera è imprigionata nel proprio tempo, isolata e sola, persa.

Andatela a disturbare, o a salvare.

DALLA PAROLA ALLA FORMA. OMAGGIO A VIRGINIA WOOLF
Associazione Culturale Il Laboratorio, dal 15 al 20 Novembre

Ceramiche di Antonella Cascio

Foto: Orlando

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