BRIGANTI E MIGRANTI. PERDENTI DIVENUTI STRANIERI

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Cala la notte e Marco Baliani ci narra la storia di Carmine Crocco, tra le figure più singolari della nostra storia postunitaria, del fatto che la sua persona, a un certo punto, si sia riassunta in una parola sola, brigante, e di come da quel momento non ci sia stata possibilità di ritorno, non si può più tornare tra i cristiani. Puoi solo scappare, darti alla macchia.

Siamo nel 1861 e alla popolazione del meridione è appena stato scippato un sogno. Deluso dalle aspettative che aveva riposto nell’appena costituito stato unitario, Carmine Crocco, con la sua vicenda individuale, assurge a paradigma della rivolta disperata contro lo stato nascente, rivolta sorta da una volontà elementare di giustizia, quella che dimora nel lago nero del cuore, e che la storiografia ufficiale chiamerà brigantaggio.

Libertà, giustizia, eguaglianza sono parole lontane e distanti, ma per i contadini, per i cafoni, subito si mescolano con un’altra parola: terra. La terra promessa dai galantuomini del nord e per la quale gli uomini del sud si arruolano a combattere una guerra di non si sa chi.

Terra promessa. Briganti e migranti, uno spettacolo che già nel titolo mostra la sua forza evocativa, racconta il conflitto del brigante contadino e la sua assoluta impossibilità di pacificazione, perché da lui lo Stato è visto come qualcosa che accade, assomiglia al destino.

A decidere chi ha torto e chi ragione sarà, come sempre, la storia. Quella che rende i perdenti degli stranieri. Tra il 1865 e il 1905 otto milioni di contadini, un terzo della popolazione italiana di allora, emigrano dal sud. La legge degli esiliati è avere una memoria che non serve a nulla e imparare, per sopravvivere, a farsi assimilare dai vincitori della storia.

Nello spettacolo di Marco Baliani, Felice Cappa e Maria Maglietta, c’è la sensibilità di chi racconta la grande Storia attraverso le piccole storie di vita, perché fare teatro è innanzitutto portare sulla scena un conflitto, uno squilibrio, un palpito. Ma c’è anche l’urgenza di chi pensa che il tempo e la storia non sono accaduti una volta sola. Non un semplice viaggio all’indietro nel tempo, quindi, e nessuna tentazione revisionista, ma un racconto vivo di quella coscienza contadina che ancora oggi ricorda la sua rivolta, una rivolta disumana, che parte dalla morte e non conosce che la morte, dove la ferocia nasce dalla disperazione, e che ha solo difeso la propria natura contro quell’altra civiltà che le sta contro e che, senza comprenderla, eternamente l’assoggetta.

Nella messa in scena la narrazione si alterna a delle immagini proiettate su schermi sovrapposti. Si vedono i luoghi fisici dove si sono svolte le vicende narrate e appaiono altri protagonisti di fatti privati, quasi dei fantasmi di un passato dimenticato: una popolana, un contadino, un soldato piemontese e un barone, tutti personaggi destinati a scomparire, in un modo o nell’altro, a causa del nuovo assetto statale. Altre piccole storie, altre memorie, altri punti di vista che, mescolandosi al racconto che Baliani fa in scena, ci mostrano quell’incomprensione tra le diverse aree della penisola che condannerà il sud, e i numerosi sud che sono al nord, a un esodo che ancora non ha fine.

È necessario dire che l’attore Baliani non aveva certo bisogno di questi inserti. La sua mirabile capacità di affabulazione avrebbe potuto fare molto di più e questo appare evidente, anche a uno spettatore distratto, quando ci incanta raccontando dell’imboscata. Allo stesso tempo, però, non si può negare la suggestione che questa impostazione registica può regalare: la narrazione spezzettata tra le immagini e gli altri racconti – quelli in video – in qualche modo restituisce sulla scena la stessa frantumazione dello stato appena costituito. La forma scelta sottolinea, già di per sé, l’impossibilità di una ricomposizione del paese attraverso l’incapacità di ricondurre quanto narrato e mostrato a un racconto lineare e unitario. Evidenzia la ferita, lo strappo, dal quale è nato lo stato italiano.

TERRA PROMESSA. BRIGANTI E MIGRANTI

uno spettacolo di Marco Baliani, Felice Cappa, Maria Maglietta

con Marco Baliani

con la partecipazione in video di Salvo Arena, Aldo Ottobrino, Naike Anna Silipo, Michele Sinisi

regia Felice Cappa

drammaturgia Maria Maglietta

musiche Mirto Baliani

fotografia Valeria Palermo

produzione CRT Artificio

dal 20 al 25 marzo 2012

Teatro Palladium – Roma

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