BOB E MARK, NIENT’ALTRO DA AGGIUNGERE

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Uno di quei concerti che con orgoglio ti fanno dire: io c’ero!

Due concerti eccezionali nella stessa serata non capitano tutti i giorni. Due concerti perché effettivamente questi due mostri sacri della musica si sono esibiti con le rispettive band, con coreografie e stili totalmente differenti. Solo per i primi quattro pezzi di Bob Dylan i due si sono fatti compagnia sul palco, con Mark Knopfler nei panni di prima chitarra.
A differenza di tanti altri concerti, questo è iniziato con una puntualità svizzera e già alle 21.00 le luci si sono abbassate e una voce ha annunciato nel tripudio generale l’ingresso del genio dei Dire Straits. Senza perdersi in convenevoli si è entrati immediatamente nel vivo, con uno dei must per eccellenza di Knopfler: What it is. Il pubblico incredulo ed estasiato da quelle mani che ballavano sulle sei corde con velocità ed eleganza. Ma in quella prima ora e mezza sul palco non c’era solo lui. Al contrario, una serie di virtuosissimi musicisti del calibro di Mike McGoldrick e Richard Bennett, Ian Thomas e John McCusker. Proprio quest’ultimo si è messo in luce con una serie di riff eseguiti insieme a Glenn Worf. Momenti che non si dimenticano.
Così come l’estro di McGoldrick in Haul Away. Sono perle che mi rendono orgoglioso. Io c’ero, stavo lì in mezzo alla gente perso totalmente tra le luci blu e rosse che illuminavano una volta il palco, una volta noi, una volta, più d’una in realtà, Mark Knopfler. Certo, tutti si aspettavano Walk on life o Romeo and Juliet, ci siamo dovuti “accontentare” di Brothers in arms e So far away, capolavoro che ha chiuso la prima parte della serata.
A questo punto il palco viene smontato e riattrezzato in cinque minuti, giusto il tempo di una sigaretta. Poi di nuovo urla e applausi, questa volta per Robert Zimmerman, in arte Bob Dylan. L’immancabile cappello nero da cow-boy e il pizzetto gli danno un’aria molto diversa da quella del 1979, anno in cui le due star si conobbero. Da lì un gran numero di collaborazioni che li ha portati fino a noi. Ma a differenza di Knoplfer, Dylan sceglie di eseguire tutti i pezzi in chiave, potremmo dire, talkin’ blues. Al punto che poesie come Desolation Row o Like a rolling stone non vengono colte immediatamente. Un tuffo nel passato questo, che riporta il menestrello di Duluth alle sue origini, quando estasiato dalle poesie di Dylan Thomas e dal suo mentore Woody Guthrie iniziò a suonare ballate in La7.
Si conclude con Blowin’ in the wind, anch’essa riadattata, una serata speciale per chi ama la musica. Una delle infinite tappe del Never Ending Tour che Bob Dylan iniziò 23 anni fa. Una vita fa.
Perla finale, un ragazzo che all’uscita del Palalottomatica si esibiva con chitarra classica e armonica eseguendo vari pezzi mancati nella serata; uno su tutti: Times are a-changin’. Chapeau!

Bob Dylan e Mark Knoplfer

Richard Bennett: seconda chitarra
Guy Fletcher: tastiere
Jim Cox: piano
John McCusker: violino
Mike McGoldrick: flauto, tin whistle, uilleann pipes
Glenn Wor: basso
Ian Thomas: batteria

12 Novembre 2011, Palalottomatica

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