B. Bertolucci | Ultimo Tango a Parigi

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Regia: Bernardo Bertolucci

Interpreti: Marlon Brando, Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud, Massimo Girotti, Maria Michi, Giovanna Galetti, Catherine Allégret, Veronica Lazar, Catherine Breillat

Distribuzione: CSCP Distribution

Durata: 132′

Origine: Italia/Francia 1972

La sparizione dalle scene del cinema italiano della pellicola più discussa del genio di Bertolucci è un fatto politico, anacronistico e controverso.

A seguito dell’enorme successo e relativo scandalo repentino delle immagini provocatorie di Ultimo Tango  a Parigi, Bertolucci non ha potuto votare come libero cittadino avente diritto ad esprimere la propria opinione in materia politica, e questo è un fatto d’enorme sofferenza ed umiliazione per il regista che ha osato spingersi oltre i parametri dogmatici del buon senso comune, imperante nell’Italia perbenista del 1972, anno d’uscita italiana del film; la censura, all’epoca, aveva poi ritirato dalle sale Ultimo Tango a Parigi, che però nel frattempo aveva incassato più di tutti gli altri film nella storia dell’Italia. Si potrebbe dire che, scrivendo questa sceneggiatura, Bertolucci abbia pagato con il sangue il patto d’onore firmato con la sua malattia creatrice, e un’anima inquieta come la sua potrebbe sperperarsi tutta nel vento senza questi capisaldi di racconto in cui si rivela eppure “gli addetti ai lavori” di Ultimo Tango erano tutti in fermento ancor prima di iniziare a girare il suo personalissimo racconto sull’incomunicabilità e l’amore uniti dal nodo inossidabile del paradosso, sintomo dell’esistenza dissipatrice di eros e morte dell’uomo. Bernardo Bertolucci li aveva convinti mostrando loro quadri e le atmosfere di Francis Bacon, li aveva mossi a passione nonostante le tante porte in faccia che il progetto in fieri s’era preso (anzi forse ha giocato a suo vantaggio). Forse la chiave del suo successo risiedeva già nell’enorme mistero che il racconto filmico celava in se stesso ancor prima di imprimersi sulla pellicola. Rivedendolo in versione restaurata sul grande schermo, viene da chiedersi cosa faccia saltare di più lo spettatore dalla sedia, se le scene d’intimità vissuta dai due protagonisti Maria Shneider e Marlon Brando, in cui l’eros divaga dalle fiabe e dalle proiezioni dei fantasmi dell’infanzia sul corpo dell’altro, questo indomabile sconosciuto, a raptus di intense scene di sesso spinto, oppure se non sia di enorme turbamento per lo spettatore lo srotolamento della vicenda amorosa nel finale, sull’asse parabolico di questo rapporto viscerale tra due inquietudini umane, un uomo di mezza età e una giovane donna, raccontate attraverso la ricerca dei loro rispettivi fantasmi del desiderio, con tanto di pistola che spara all’improvviso e lascia tutti interdetti, compresi gli attori immersi nei personaggi (Marlon amò tragicamente questo ruolo), l’autore della Fotografia Vittorio Storaro, e la stessa musica, la colonna sonora che accompagna quest’oscenità tanto carnale con la rievocazione del ballo del tango come scenario immaginifico

La disperazione dei protagonisti che improvvisamente danno degna sepoltura a questa chimera di salvezza  che è la loro relazione, seppur assopita attraverso la glorificazione dell’amore sensuale e privo di misura, contemporaneamente, rimanda all’incontro casuale di entrambi i personaggi avvenuto in un appartamento vuoto. La loro storia d’amore balza in sella ad una ricerca affannosa della fusione di ciascuno nell’altro. Alla fine si ha una leggera sensazione del fatto che l’esporre i propri  bisogni interiorizzati implichi la morte del sogno.

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