Ausgang: Marta sui Tubi @ Angelo Mai Altrove

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I Marta sui Tubi tornano a Roma dopo pochi mesi dalla loro ultima apparizione capitolina, da ospiti della rassegna Ausgang, e lo fanno col loro tour estivo, che sta regalando grandi soddisfazioni a questi cinque lunatici e spinosi ragazzi.

 Artista: Marta sui Tubi

Genere: Folk rock, alternative

Discografia: Muscoli e dei, Eclectic Circus (2003), C’è gente che deve dormire, Eclectic Circus/V2 (2005), Sushi & Coca, Tamburi Usati/Venus (2008), Carne con gli occhi, Tamburi Usati/Venus (2011), Cinque, la luna e le spine, BMG/Tamburi Usati/Universal (2013)

Etichetta: Tamburi usati

Dove: Angelo Mai Altrove

 

Info: www.martasuitubi.com

Ascolta: Marta sui Tubi official

Si va via senza voce, con le maglie bagnate di sudore ed emozione. Si va via contenti, con l’adrenalina che ancora scorre, via. Si va via, si torna a casa e si fatica a prendere sonno, perché due pensieri fissi s’impadroniscono della mente: i Marta sui Tubi sono un gran bel gruppo; i concerti più belli sono quelli nei club, quelli dove lo spettatore più lontano si trova a neanche dieci metri dal palco, che non è di cinquanta metri e che non ha migliaia di fari, quelli dove lo spettacolo è dato dai musicisti, senza scenografia. I concerti migliori sono quelli dove paghi dieci euro e ne avresti pagati cinquanta.

Uno di questi concerti è stato proprio quello dei Marta sui Tubi, proposto dalla rassegna Ausgang, giovedì 11 luglio scorso.

Gruppo dell’underground indipendente italiano, batte il tempo su di un rock alternativo misto a folk, con sonorità eclettiche e originali e un mix interessante tra linee melodiche vocali e strumentali, che davvero nessun altro gruppo realizza.

Sono al loro quinto album, quel Cinque La luna e Le spine che contiene anche i due brani presentati a Sanremo, Dispari e Vorrei, ma che di certo non è il loro punto di partenza, né tantomeno di arrivo. I quattro album precedenti sono eccezionali: una ventata di freschezza nel panorama apparentemente morto della musica italiana. Insomma, ascoltare un gruppo del genere alla kermesse sanremese è qualcosa per palati fini, per orecchi musicalmente attivi, ed è una rivincita della musica in sé. È una ribellione.

Questi ragazzi fanno i musicisti per davvero, e il loro lavoro è fare concerti, non soltanto album, come hanno anche detto in un’intervista di qualche tempo fa. Probabilmente continuano dal 2002 ad essere così apprezzabili proprio perché indipendenti.

Arrivano sul palco e il pubblico subito gli si stringe addosso. Siamo vicini, molto vicini, si percepisce il calore dell’altro.

Ogni singola voce dei presenti accompagna quella bella e potente e ampia, musicalmente parlando, di Giovanni Gulino, mentre la chitarra acustica e i suoni ricercatissimi di Carmelo Pipitone portano avanti il groove di ogni pezzo. Quest’ultimo è veramente un talento della musica, sia per come suona il suo strumento e, forse ancora di più, per ciò che compone. Un vero e proprio costruttore di suoni. Mattia Boschi al violoncello, Ivan Paolini alla batteria e Paolo Pischedda (inneggiato a lungo dal pubblico) completano la formazione dei Marta, come i fan li possono chiamare.

Trovare il giusto equilibrio in ogni cosa della vita è difficile di certo, e la musica non fa eccezione. Loro l’equilibrio lo hanno trovato sicuramente e lo trasmettono al pubblico, anche attraverso dei testi dalle parole pesate e nelle quali ognuno può rispecchiarsi.

Sono una band che fa davvero gruppo. Si divertono a fare il loro lavoro, a rendere la loro passione il loro lavoro. E tutto intorno si percepisce, e si canta ancora a squarciagola, anche Disperato Erotico Stomp, del maestro Lucio Dalla, con il quale questi cinque hanno collaborato per la loro splendida Cromatica.

Un concerto che si ricorderà, del resto come tutti gli altri, anche per chi li ha visti per la prima volta. Suonare fa bene ai Marta sui Tubi, e credo che a Roma faccia ancora meglio.

Seguiteli nel loro tour estivo. E continuate a seguirli anche dopo.

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Autore

Andrea Palazzi

"Il passato è presente in ogni futuro". Andrea Palazzi scrive quello che i suoi occhi osservano e quello che la sua epidermide del cuore assorbe. Nelle sue recensioni traspare la continua ricerca tra l'esatta posizione delle cose e la loro giusta dimensione. Per lui l'arte è l'interazione emotiva tra chi crea e chi osserva.

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