ARTE POVERA, INVENZIONE DI UNO SPAZIO

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Le storie dell’arte.

La rassegna le storie dell’arte, inserita nel calendario del MAXXI, mensilmente, offrirà al pubblico le testimonianze dirette di galleristi, curatori, critici d’arte e docenti, su alcune delle vicende più interessanti dell’arte contemporanea italiana.

La pluralità del titolo le storie e non la Storia racchiude l’essenza intima di questa iniziativa e introduce il ruolo fondamentale del narratore. L’impatto e l’immediatezza di queste testimonianze sono assoluti, proprio perché i narratori scelti sono interni e dunque protagonisti di una storia vissuta in fieri.

Il secondo degli appuntamenti, fissato il 19 Novembre scorso, ha voluto rendere omaggio all’Arte Povera attraverso la voce di Fabio Sargentini, importante gallerista del panorama romano attivo già dagli anni ’60.

Dovremmo chiederci perché, proprio quest’anno, prima il MACRO, con la mostra “l’attico di Fabio Sargentini 1966-1978”, e poi il MAXXI, in questa occasione, abbiano deciso di dare visibilità al suo operato professionale.

Le nuove strutture museali che accolgono gli artisti contemporanei, vogliono restituire un favore all’uomo che per primo, a Roma, stravolse il concetto di spazio espositivo.

La grande intuizione di Sargentini fu quella di cogliere il cambiamento in atto negli anni ‘60. Gli oggetti dell’arte si andavano modificando, si passava improvvisamente dalle tele dell’Arte Informale e dell’Espressionismo Astratto di Capogrossi, Fautrier, Matta, alle installazioni dell’Arte Povera di Pascali e Kounellis. Ecco che necessariamente viene sconvolto il rapporto tra opera e ambiente. Lo spazio tradizionale contemplativo crolla perché non ha più la sua ragion d’essere. Proprio in occasione della personale di Pascali alla galleria L’attico, il problema si manifesta: l’installazione del mare bianco costringe i visitatori a camminare rasenti al muro per poter osservare l’opera.

In quegli anni Sargentini si offriva come vetrina per gli artisti di una corrente, che solo qualche anno dopo venne definita dal giovanissimo critico Gustavo Celant, Arte Povera, mutuando quel nome dal teatro di Jerzy Grotowski. Un’arte i cui temi dominanti sono l’uso dei materiali poveri e non convenzionali e un certo interesse verso la formalizzazione della natura che viene resa così materia differente, reinventata dall’artista attraverso composizioni liriche ed evocative. Non convenzionalmente arte, ma fenomeno artistico che stimola le sensibilità individuali e interagisce con lo spettatore.

Risposta intuitiva e audace, da parte di Sargentini, alle installazioni che sembrano soffocare dentro gli spazi delle gallerie, è l’apertura del nuovo Attico in via Beccaria: un garage.

Rispondere all’arte povera con uno spazio altrettanto povero che l’artista è chiamato a riconfigurare. Mente e braccio, la coppia Sargentini Kounellis troverà piena consacrazione con l’esposizione nel garage di dodici cavalli vivi, superamento dell’installazione e approdo totale alla performance. Espressione massima che qualifica il gesto manuale dell’artista, aprirà le porte alle influenze americane della Body Art, della Land Art e alla stagione dell’effimero che caratterizzerà Roma nel decennio successivo.

La testimonianza di Sargentini ci offre gli strumenti per comprendere meglio le scelte spaziali dei nuovi luoghi deputati all’arte contemporanea e ci rilascia le storie, gli aneddoti e i frammenti che ricompongono un’immagine caleidoscopica della febbrile ed eterogenea attività artistica degli anni ’60.

LE STORIE DELL’ARTE

MAXXI, dal 15 Ottobre 2011 al 19 Maggio 2012

Ideazione: MAXXI B.A.S.E. a cura di Carlotta Sylos Calò

Foto: 12 cavalli, Jannis Kounellis, 1969, Roma, Galleria L’Attico via Beccaria

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