Alphonse Mucha | Complesso del Vittoriano

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Artista: Alphonse Mucha
Luogo: Complesso del Vittoriano
A cura di Tomoko Sato
Fino al 11 settembre 2016
 

La mostra inaugurata al Complesso del Vittoriano ripercorre in sei sezioni i più significativi momenti della carriera di Alphonse Mucha (1860-1939). Nato nella Repubblica Ceca, sottomessa in quel periodo all’Impero asburgico, Mucha esordì a Parigi, dove divenne famoso e apprezzato per i suoi manifesti di spettacoli teatrali.
Molte locandine sono accompagnate dai relativi bozzetti a matita, il cui tratto, per la resa anatomica possente e chiaroscurata, ricorda i disegni dei fumetti dei supereroi americani. È curioso che la preparazione sia così differente alla realizzazione delle figure, per lo più femminili, che vediamo sulle locandine concluse. La gestualità di quest’ultime affascina per l’eleganza aristocratica, mentre la malizia che traspare dai volti intenerisce.
Alcune locandine sono impreziosite dall’impiego di parti dorate o argentate che danno lucentezza; Mucha le integra adoperando toni tra loro simili così da armonizzare il tutto senza stonature ed evitando che l’opera risulti pacchiana. I volti sorprendono per la resa realistica, che riporta alla mente le belle fanciulle di Alma Tadema. La forza comunicativa delle immagini di Mucha si basa sia sulla contrapposizione tra il realismo del volto e l’essenzialità degli altri elementi sia sul modo in cui viene orchestrata la composizione. Le vesti di alcune locandine, grazie alla loro sinuosità, trascinano lo sguardo verso il punto centrale dell’opera. Nonostante siano trascorsi molti anni, queste immagini dialogano ancora con chi le guarda sorprendendo per la loro modernità.

Mucha ebbe diverse richieste sia per pubblicizzare prodotti alimentari e di cosmesi sia per decorare vari prodotti industriali. Nella mostra sono esposti anche oggetti d’arredo e d’oreficeria, alcuni decorati dallo stesso Mucha e altri che riprendono i soggetti di alcune sue litografie. Questo stile decorativo è un esempio del gusto dell’epoca, definito Art Nouveau e in italiano conosciuto come Liberty.
Alcune caratteristiche del Liberty riscontrabili in Mucha sono l’apoteosi di elementi naturali, tanto che le ambientazioni richiamano il bucolico e un uso ripetuto di arabeschi con marcati sviluppi in altezza o in larghezza. In particolare Mucha realizza soggetti quasi sempre allegorici, sia nella sua fase parigina sia negli anni successivi, come avviene nelle opere che richiamano al patriottismo o nella spiritualità mistica.

Un’altra sezione della mostra espone opere collegate al suo misticismo. Mucha, fervente religioso, appassionato d’occultismo, era un massone. L’influenza filosofica del suo amico August Strindberg spiega la ricorrente presenza di figure misteriose alle spalle dei soggetti. È una fase in cui irrompe tutta la sua istintività, soprattutto nelle creazioni a pastello, che riproducono visioni mistiche rievocando alla mente quadri astratti, dal tratto libero e dai colori vaporosi, quasi monocromatici e in netto contrasto con le opere degli anni precedenti.

Il genio di Alphonse Mucha fu riconosciuto anche dall’imperatore Francesco Giuseppe I, che lo insignì del titolo di cavaliere dell’ordine imperiale; ciononostante l’artista progetterà una serie di enormi tele intitolate Epopea Slava – oggi esposte alla Galleria Nazionale di Praga – selezionando quegli episodi storici che a suo parere avevano portato allo sviluppo della civiltà slava, in quel momento sottoposta al dominio asburgico. La sofferenza del suo popolo, i volti di queste figure, allegoriche e patriottiche, sono aspri e quasi rabbiosi; in queste opere nulla rimane della solarità e gaiezza dei manifesti precedenti.

La sezione conclusiva raccoglie esempi delle sue ultime creazioni in cui emerge il desiderio di evadere dalla violenza bellica. Ritornano le figure allegoriche, in questo caso cristiane, con i volti freddi e una gestualità violenta. C’è un intento utopico nel progetto incompleto del trittico L’età della saggezza, della ragione e dell’amore, rappresentante quei tre principi chiave dell’umanità che, secondo Mucha, avrebbero portato progresso alla società. Il trittico nella sua incompletezza – Mucha morì durante la seconda guerra mondiale – è una sorta di metafora dell’incapacità dell’uomo di essere pronto alla pace universale.

Non sorprende che Mucha fu amato e onorato tra i suoi contemporanei i quali compresero fin da subito il suo genio.

«L’obiettivo del mio lavoro non è mai stato distruggere, ma costruire, collegare. Dobbiamo sperare che l’umanità si stringa a sé, perché sarà tutto più semplice quanto più saremo in grado di capirci». (Alphonse Mucha)

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Autore

Veronica Cerbone

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