All In Festival |Intervista a Nicolò Abbattista

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Waiting For All In Festival_ la città agli under 25
Rossophìlia,
compagnia Lost Movement
in scena il 26 maggio al Teatro Orologio, Roma.
Cosa c’è dietro la composizione di un lavoro coreografico in cui lo spazio-istallazione e i corpi dei performer si trovano a coabitare la stessa scena. 
Intervista a Nicolò Abbattista, coreografo della compagnia Lost Movement 
 

 

Come nasce e fiorisce in giovane età l’esigenza di esprimersi attraverso la coreografia? 

Come ogni aspetto dell’arte nasce per via di una necessità interiore. Devo dire che se ho saputo trovare la mia strada è perché ho avuto grandi maestri che mi hanno saputo indirizzare e formare nel mio percorso artistico.

 Coreografare è scrivere dettagliatamente una partitura o creare un ambiente performativo dinamico?

C’è chi la pensa in un modo, chi nell’altro. Io preferisco lasciare tutto al caso e alla possibilità di fare accadere delle cose tra gli interpreti sempre in maniera dinamica ma equilibrata.

 Quali modelli, artistici o meno, ispirano il vostro lavoro? 

Il nostro lavoro prende spunto nella tecnica dal coreografo che ha modificato il modo di danzare del mondo ossia Merce Cunningham e nella teatralità da Pina Bausch. Nella scoperta del movimento mi rifaccio a coreografi ed esempi più recenti come William Forsythe, Matz Ek e Wayne Mcgregor.

Aspettando Rossophìlia

 Vengono prima i corpi o lo spazio, quindi la creazione della coreografia, o dell’istallazione artistica?

In senso temporale c’è stata prima la creazione dell’installazione artistica, merito del nostro Stage Designer Massimo Desiato. Il corpo si è dovuto abituare a una diversa maniera di danzare tra quegli intrecci. Ho posto tanta attenzione alla coreografia cercando di distaccarla dall’installazione. A un certo punto le cose sono andate insieme…

 In che rapporto di dialogo/opposizione si pongono i due elementi? 

Sicuramente c’è stato soprattutto un rapporto di opposizione tra i danzatori e l’installazione, in quanto i loro corpi dovevano abituarsi a schivare, scivolare, saltare gli intrecci della rete. Una volta ottenute queste qualità il resto è venuto da sé.

L’elemento del filo, concreto e metaforico, come costrizione od opportunità? 

Il filo può essere una prigione, una via di fuga, un collegamento o la possibilità di restare a guardare comodi nella propria situazione. Al pubblico la possibilità di scelta…

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Autore

Alice Giuliani

Studia danza e teatro al Dams di Roma Tre; frequenta classi di danza contemporanea, in continua ricerca sempre. alice.giul@gmail.com

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