Saint Vitus with Orange Goblin | Init live Roma

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Chi 
Saint Vitus (Scott “Wino” Weinrich – voce, Dave Chandler – chitarra, Mark Adams – basso, Henry Vasquez – batteria)
Orange Goblin (Ben Ward – voce, Joe Hoare – chitarra, Martyn Millard – basso, Chris Turner – batteria)
Dove Init Live, Via della stazione tuscolana 133, -Roma
Quando 19. 10. 2014
Reportage a cura di Filippo Ferrante

Il 19 ottobre all’Init, locale di riferimento per la scena metal della Capitale, si è potuto assistere ad un concerto eccezionale, alla presenza di due gruppi imponenti: gli Orange Goblin e i Saint Vitus.

Gli Orange Goblin, uno dei gruppi stoner britannici più importanti sulla scena metal mondiale, sono saliti sul palco capitanati da Ben Ward, l’imponente cantante della band, aprendo il concerto con Scorpionica, un brano che dà immediatamente l’idea di cosa sia lo stoner. Ritmi martellanti a volumi assordanti invadono la scena ed emergono immediatamente quelli che sono i pregi della band: riff elaborati e distorti fino al limite alla chitarra di Joe Hoare, che riescono a creare quel dinamismo tipico dello stoner, con l’alternanza di momenti pesanti e lenti, di assoli veloci e precisi che esaltano il pubblico. In Acid Trial e in Sabbath Hex è possibile cogliere e apprezzare appieno la tecnica di Hoare nel creare riff accattivanti, in grado di scuotere l’anima del pubblico. Fin dall’inizio è evidente il ruolo dominante rivestito dal basso di Martyn Millard, che svolge un lavoro eccellente attraverso il susseguirsi incessante di note, che costituiscono la struttura primaria di ogni brano, senza la quale andrebbero perse la velocità e la grinta della band. Ma il frontman è il vero protagonista del palco. Il pubblico è affascinato e allo stesso tempo sbigottito da questo colosso che supera i due metri di altezza. La sua voce forte e potente conferisce ai brani il coronamento ideale. Gli Orange Goblin creano sul palco un mix perfetto, nel quale ogni strumento ha il suo posto e svolge la sua parte in sincronia con gli altri, mentre la voce completa i brani uno dopo l’altro senza alcuna incertezza, sconfinando a volte nel growl e donando alla band una varietà stilistica impressionante. Gli Orange Goblin hanno spaziato e attinto a diversi stili, dallo stoner, genere di riferimento della band, all’hard rock e, a volte, spingendosi nell’heavy metal e nel metal, attraverso brani come Devil’s Whip e Quincy The Pigboy.

La performance dei Saint Vitus, al contrario di quella degli Orange Goblin, non è stata esente da problemi tecnici causati dalla strumentazione o da mancanze della band. Durante alcuni brani la batteria e il microfono che l’amplificava risultavano traballanti, costringendo Henry Vasquez a giochi da equilibrista che tuttavia non hanno creato particolari disagi all’esecuzione dei brani. Un altro problema causato da circostanze ignote ha posticipato l’entrata in scena della band di oltre trenta minuti. Nonostante questi dettagli insignificanti, i maggiori esponenti del doom metal mondiale sono riusciti a conquistare il pubblico romano. Questo concerto fa parte del tour celebrativo per il loro 35° anno di carriera. Ciò dimostra quanto questa band venga apprezzata a livello mondiale, e come sia in grado di adeguarsi ai tempi resistendo saldamente per trentacinque anni ancorata al proprio stile. Tuttavia non bisogna considerare questo tour celebrativo come una resa, ma come una tappa attraverso la quale i Saint Vitus hanno voluto ribadire e consolidare il loro successo. L’immagine che rimane impressa concluso il concerto è lo sguardo sognante ed estasiato di Mark Adams, il bassista; la grinta, la follia, gli assoli psichedelici di Dave Chandler; la potenza di Henry Vasquez in grado di scandire perfettamente e prepotentemente il tempo; e infine Scott “Wino” Weinrich sostentuto dall’asta, in perfetta simbiosi con il microfono cantando Let Them Fall. L’apertura del concerto è stata affidata a Living Backwards, durante la quale il pubblico sembrava entrato in trance, diventando parte della musica; l’atmosfera sognante e psichedelica, enfatizzata dai pesanti riff di chitarra di I Bleed Black, creava una percezione diversa di metal, come se si potesse allo stesso tempo apprezzare le sonorità dure e tutti i suoni emessi da ogni strumento.

 

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Studente universitario presso La Sapienza, Facoltà di Lettere e Filosofia, Laurea in Lingue, Culture, Letterature e Traduzioni. Bassista funk/jazz. Fotografo per manifestazioni ed eventi musicali.

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