RESPIRARE L’AMERICA

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     La mostra dedicata a Georgia O’Keeffe, ospitata a palazzo Cipolla fino al 22 Gennaio, rappresenta il proseguimento di un viaggio, già cominciato con la precedente esposizione su Edward Hopper e ha l’ambizione di voler indagare e dar luce alle declinazioni espressive del Modernismo Americano. Dalla corrente Realista, in cui viene convenzionalmente collocato l’operato artistico di Hopper, si arriva quindi al Precisionismo della O’Keeffe, che seppur cromosomicamente legata alla sintassi hopperiana la supera fornendone una rilettura.

La mostra, nel suo allestimento, denuncia la volontà di immergere il visitatore in una cultura esclusivamente americana perché la O’Keeffe è l’America respirata a pieni polmoni. Le sue tele sono organizzate all’interno di una scenografia quasi sovrastante che funge da co-narrazione della complessa e lunga storia dell’artista. Una vita durata quasi un secolo che si articola in quattro sezioni connotate da un allestimento molto vicino al gusto americano per il parco tematico. Ricostruzioni continue che investono totalmente gli ambienti di palazzo Cipolla. Dalle vetrine della Fifth Avenue, al polistirolo dipinto che imita le travature in legno delle tipiche dimore del New Mexico dove la O’Keeffe trascorse gran parte dei suoi giorni.

In questo scenario è presentata una donna che incarna appieno i paradigmi della realizzazione del sogno americano. La prima donna pittrice a diventare, molto prima della sua morte, un’icona culturale del Paese costruendo la sua fama non con i termini aggressivi e smodati tipici di Pollock, ma attraverso l’impegno, la perseveranza, la risoluta integrità che l’hanno resa un simbolo vivente di autoaffermazione.

Attraverso un continuo confronto cauto, misurato, ma anche appassionato, con la critica e l’opinione pubblica, la O’Keeffe riesce a ritagliarsi una posizione importante in un ambiente ostile, perché appannaggio degli uomini, facendo gioco forza sulla fascinazione del personaggio pioneristico della donna ottocentesca di frontiera che lei concretamente rappresentava.

Anche se è difficile collocare l’artista Americana in una sola corrente, a causa dei suoi sperimentalismi trasversali che corrono sempre sul filo che separa l’astrattismo dal figurativismo, possiamo genericamente dire che la O’Keeffe è Modernista perché inventa un modus pittorico in cui l’idea estetica della fotografia si traduce nella pittura: lo scrivere con la luce, prodotto diretto della frequentazione e del matrimonio con il fotografo Alfred Stieglitz.

I suoi soggetti, avvicinati all’occhio come attraverso una lente d’ingrandimento, vengono tagliati fuori dalla tela; l’inquadratura abolisce le circostanze, decontestualizza e restituisce un’immagine fuori scala in cui regna il colore. Se è vero che un’opera è fatta di segno, materia e narrazione, qui il segno è ridotto al minimo e la narrazione si fa sottintesa: gli oggetti hanno un’espressività presentata dalla O’Keeffe come quel nuovo canone estetico che sancisce il superamento del realismo di Hopper. Nella O’Keeffe non c’è niente di realistico, perché l’immagine non può esserlo; c’è piuttosto il sentire e il tradurre l’espressività della realtà in una serie di oggetti senza nessi logici, declinazione pittorica del correlativo oggettivo teorizzato da Eliot. Proprio come nella Waste land, anche la O’Keeffe riscopre la bellezza nella vitalità evocativa dei teschi degli animali del deserto e nella forza ancestrale della natura dei Canyon del New Mexico, elevando questi soggetti, attraverso un’operazione estetizzante, ad opera d’arte e stabilendo un nuovo repertorio che si allontana totalmente dall’iconografia europea e rende evidente il legame indissolubile con l’esperienza e la vita dell’artista.

È la nascita di una vicenda americana e di uno stile originale ora pronto a rivendicare un’identità che, avanzati i suoi primi passi già convincenti e decisi, si delinea nel realismo magico e nella pop art, prendendo definitivamente le distanze dai linguaggi espressivi europei e ponendo le basi per una nuova cultura figurativa.

Fondazione Roma Museo, Palazzo Cipolla

Organizzazione Fondazione Roma Arte-Musei, Kunsthalle der Hypo-Kulturstiftung, Helsinki Art Museum, Arthemisia Group

Fotografie a sinistra Georgia O’Keeffe, Summer Days, 1936, New York, Whitney Museum of American Art; a destra Georgia O’Keeffe, Jack-in-the-Pulpit No. IV, 1930, Washington, D.C.,National Gallery of Art

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