Nymphomaniac Vol. I

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NYMPHOMANIAC-locandinaNymphomaniac Vol. I di Lars Von Trier, Dan/Ger/Uk/Bel, 2013, 200′

In uscita nelle sale cinematografiche il 3 Aprile

Produzione: Zentropa   Distribuzione: GoodFilms

Una donna stesa a terra. Un uomo solitario, appassionato di pesca e Bach, è l’unico a notarla in un vicolo buio. La porterà a casa sua per offrirle soccorso e in cambio lei gli racconterà la sua storia. Joe è una ninfomane, incapace di saper scollegare il sesso da qualsiasi altro lato emotivo della sua vita. Non tanto confusa quanto disperata, nella sua lucida e a tratti goliardica narrazione, cercherà in Selingman commiserazione. La sua composta reazione, fatta di metafore, voli pindarici e ipertesti retorici, scevri da ogni giudizio etico, cercherà un senso pragmatico prima che morale alla ricerca del meccanicismo delle dinamiche sessuali e del loro ruolo nella natura.

Era tanta l’attesa per l’ultimo film di Lars Von Trier. Dopo la sua personalissima visione sul genere horror con Antichrist e sul disaster movie con Melancholia, il regista danese arriva all’ultimo dei suoi tanti estremi. Girare un film pornografico all’interno del circuito cinematografico classico. Come era lecito credere, il risultato è tutto e il contrario di tutto ciò che ci si poteva attendere. Nymphomaniac, anche nella sua versione tagliata, è forse uno dei film più “forti” che siano apparsi al cinema negli ultimi anni. Ma senza scendere a compromessi Von Trier nega all’immagine ogni forma di erotismo. Bertolucci e Oshima non sono di casa all’interno della piccola abitazione di Selingman. Là dove anche l’oggetto più innocuo come una mosca da pesca può trasformarsi in un ricordo delle avventure di Joe, Von Trier crea un intreccio che toglie al sesso la sua visione voyeuristica per trasformarla in una riflessione che accompagna la protagonista in tutte le sue vicende: dalla scoperta della sua sessualità al drammatico rapporto con il padre fino al tradimento provocato per semplice lussuria.

Lo scarto maggiore avviene sempre nella gelida distanza che il regista danese riesce a creare tra sé, l’immagine e la storia raccontata. Un mènage à trois con lo spettatore fatto di istrionico cinismo, cambiando tono e sfumature ad ogni episodio ognuno permeato da una comune vena grottesca. Un racconto ambivalente che conquista facendo presto dimenticare la strana natura dell’operazione. Sembra quasi di vedere il regista danese sogghignare dietro la macchina da presa, mentre deride con arguzia chi lo prende poco o forse troppo sul serio. Un film unico che porta con sé il marchio di un autore ormai così maturo da poter affrontare un tema così delicato trattandolo senza timori e con una solida leggerezza. Il risultato è assicurato con l’ultimo piccolo grande colpo di scena finale, dove una risata amara ci proietta verso il secondo episodio consci della solita incontrastabile ovvietà. Von Trier ce l’ha fatta sotto il naso per l’ennesima volta.

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